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lunedì 24 maggio 2010

SCIOPERO DELLA FAME IN DIFESA DEL DIRITTO ALLA CASA

Da sabato pomeriggio Selamet, uno di noi abitanti di via Marsala (la palazzina occupata da più di due mesi da otto famiglie), è sceso in sciopero della fame, un gesto di dignità, compiuto nella speranza di non ritrovarsi nuovamente in mezzo a una strada.

Questa persona, padre di famiglia di quattro figli e rifugiato politico, ha sempre lavorato onestamente per portare avanti la sua famiglia e pagare l’affitto, fino a quando non sono sorti dei gravissimi problemi di salute, che in breve tempo sono peggiorati, portandolo all’invalidità e all’impossibilità di lavorare. Conseguentemente, nell’assoluta indifferenza delle istituzioni a cui si è rivolto a più riprese, non è più riuscito a pagare un affitto ed ha ricevuto l’ingiunzione di sfratto.

La vicenda di Selamet è analoga a quella di tutte noi famiglie: per questo abbiamo deciso di occupare una palazzina di proprietà del più grande speculatore immobiliare di Pisa, Pampana, costruita da otto anni e mai abitata. Adesso, dopo aver difeso un primo tentativo di sgombero la settimana scorsa rifiutandoci di uscire, sembra drammaticamente che diventi sempre più reale un nuovo sgombero che lascerebbe noi otto famiglie, con 17 bambini, senza alternativa in mezzo alla strada.

Vogliamo evidenziare le responsabilità del Comune di Pisa in questa vicenda. Innanzitutto, a livello generale, l’amministrazione locale è senza dubbio la principale colpevole dell’attuale situazione di emergenza abitativa in città, che non riguarda solo noi, ma le decine e decine di sfrattati e senza casa.

Nel caso specifico di via Marsala, però, il Comune ha colpe ben più gravi. Infatti dalla fine di aprile si è impegnato in una trattativa col proprietario dell’immobile che portasse ad una casa per noi otto famiglie, dove pagare un affitto in base al nostro reddito (senza quindi scavalcare nessuno nella graduatoria delle case popolari), non necessariamente in via Marsala.

Per settimane il Comune ha imbrogliato le famiglie, rassicurandole sulla buona direzione che stava prendendo la trattativa, mentre invece si stava solamente accordando col proprietario per risolvere alcuni loro contenziosi sospesi, mettendo sul piatto della bilancia lo sfratto di noi famiglie.

Questo è risultato evidente quando, come un fulmine a ciel sereno, è giunto il primo tentativo di sgombero, a cui noi famiglie abbiamo resistito, in uno scenario inverosimile con interi reparti di polizia schierati e nessun esponente istituzionale intervenuto per tentare una mediazione.

Dalla settimana scorsa, dalla difesa del primo sgombero, il Comune ha accumulato altre responsabilità molto gravi. Innanzi tutto ci ha chiesto di recarci ai servizi sociali (cosa che quasi tutte avevamo già fatto, senza avere risposte), ma da questo incontro non sono emerse possibili soluzioni. I servizi sociali hanno invece pubblicato sui giornali informazioni personali di noi famiglie, distorcendole in modo da provare a dimostrare che non sussiste una reale emergenza abitativa in via Marsala. Questo va chiaramente a contraddire una mozione che il Consiglio Comunale aveva firmato il 15 aprile con la quale richiedeva di non eseguire lo sgombero vista la reale e certificata emergenza abitativa delle famiglie.

Da quel momento in poi qualsiasi tentativo di incontro con le istituzioni per ripristinare la trattativa non solo è stato rifiutato, ma è stato utilizzato come pretesto per criminalizzare un gesto che parte da un bisogno reale.

Contro le bugie che sono state diffuse per legittimare un nuovo tentativo di sgombero, per la ripresa della trattativa che porti a soluzioni concrete per noi famiglie, questo sciopero della fame continuerà ad oltranza, a turno tra tutti gli occupanti.

Le famiglie di via Marsala

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